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Una manciata di riso
Chiamala per nome
Certi permessi
Un arcobaleno
Black out
Chiamami madre
Attorno a quella sedia
Confini
È morto lo czar
Vorrei parlarti di me
Perle rubate
Verso la nuova frontiera
Il grattacielo, giù
Mio generale

UNA MANCIATA DI RISO

 

I colori della città in inverno sono più vivi

e già ora i neon di natale te lo fanno capire

se avrò voglia guarderò le vetrine se avrò freddo entrerò

fra i bambini sempre a caccia

delle loro gioie di plastica

se vedrò bei regali

penserò a te

 

Alzo il bavero del cappotto

in mezzo a questo vento gelido

quando l'aria è proprio così sento odore di neve

e mi piace fermarmi ad incontrare qualcuno

sempre sotto quei portici

sempre di corsa a camminare

"tanto è presto per fare gli auguri

di sicuro ci vedremo..."

io e loro e te

 

La strada verso casa la potrei fare ad occhi chiusi

e qualche via senza luci dà un po' di respiro

fuori dalla fretta e dalla calca

tante mani portano pacchi

lontano lontano mani si stringono

su una manciata di riso

una manciata di grano

che valore ha per me e per te?

 

Una manciata di riso

una manciata di riso

un pugno di farina

che valore ha per me e per te? [2V]

​

​

CHIAMALA PER NOME

 

Sei tornata:

chissà come ti pensavo ancora più lontana.

Ti han chiamata:

non sapevo che qualcuno ti aspettava.

Forse non te ne eri mai andata,

cresciuta in silenzio voltato l’angolo di casa,

abbarbicata forte lungo i cigli dela strada,

un’erba forte e dura da non essere estirpata…

Ma come non capire che ci hai sempre accompagnato?

 

Non ti ho amata:

eri estranea anche solo raccontata.

Mi hai spiegato:

non vi era niente non giustificato…

Ma incontrarti, no, non mi occorreva:

sentivo cominciare i brividi lungo la schiena,

sentivo tra la gente e per la gente una gran pena;

capivo in un momento la tua tetra entrata in scena.

 

Ti chiamerò per nome

per poterti smascherare,

perché non ci sia un senso

nel volerti celebrare.

E per gridarti in faccia

il dolore che hai creato

nascondendo cose atroci

dietro la ragion di stato.

Perché sia una bestemmia

il tuo apparire sulla terra.

Perché l’uomo si stanchi

d’esser figlio della guerra.

​

​

CERTI PERMESSI   (strumentale)

​

​

UN ARCOBALENO   (testo di T. Serex)

 

Avevo una scatola di colori

brillanti, decisi e vivi.

Avevo una scatola di colori,

alcuni caldi, altri molto freddi.

Non avevo il rosso

per il sangue dei feriti,

non il nero

per il pianto degli orfani,

non avevo il bianco

per i volti dei morti

niente giallo

per le sabbie ardenti.

Ma avevo l’arancio

per la gioia della vita,

ed il verde

per i germogli e i nidi,

e il celeste

per i chiari cieli splendenti,

ed il rosa

per il sogno e il riposo.

Mi sono seduto…

…e ho dipinto la pace.

​

​

BLACK OUT                      

 

Ci  ho provato 

Ma non sono certo d’esserci riuscito 

Ci ho creduto

Ma non ricordo quando me ne sono andato

Insieme a te

 

E non ho capito se mi sono arreso

Se siete stati bravi e mi avete preso

​

Black out Black out Black out Black out

 

Ma ricomincio

Preso in mezzo ad un gioco poco serio

Adolescente

Il mio pensiero quasi irriverente

 

Ringrazio te

 

E non ho intuito chi è il miracolato

Chi dovrà fare oggi il condannato

 

Black out Black out Black out Black out

​

​

CHIAMAMI MADRE

 

Possibilità che se ne vanno

non ti aspettavi di vederle così stanco

è solo un anno che veloce se ne va

e si sta portando via spazi di serenità

 

Rit. 

Chiamami madre non temere

ti hanno insegnato così

figlio bastardo figlio vero

nato beato ma non nato straniero

 

Quando il telefono non conta più

resta solamente in piedi la tua frigidità

hai trovato in fretta questi padri putativi

ma ti chiedi dove stai, qual è quello con cui vivi?   Rit. 

 

Giorno di musica ritorni a casa tua

studia ti prego ma voglio anche pregare

vitto e alloggio conta le quaranta ore

hai detto chiaro no ma il tuo sì muore

 

Chiamami madre ma il tuo sì muore

Chiamami madre ma il tuo sì muore

Chiamami madre ma il tuo sì muore

​

​

ATTORNO A QUELLA SEDIA

 

L'America è una grande terra,
L'America è al di là del mare.
Patria di moltitudini,
Persone come me e te.
L'America ha un posto per tutti e ogni tanto leggi
Che ha ancora sedie in uso.

Certo è meglio che morire in silenzio
E noi sappiamo quanto spesso accade;
Purtroppo sempre conosciamo
Dove e come e mai perché.
Qui almeno una voce si può alzare, può ponderare il sì,
Può tentare di urlare forte no.

Ma intanto una sedia si è accesa,
Una siringa si è svuotata;
Una donna domani aspetta
Il medesimo destino:
Sarà la prima in tanti anni, che differenza fa?
Ditemi un po' che differenza fa.

Hanno ucciso? Sembra sicuro,
Hanno ammesso, ma qualcuno no:
Chissà se il bene comune
sarà meglio tutelato...
Ormai la leva è abbassata, la luce si è diffusa:
Il silenzio di chi assiste è ormai un rito.

Fuori - ci crederesti mai? -
La vita continua:
Solo questo ci può dare
Il coraggio di cantare.
Miliardi di voci faran sì che la vita continui per tutti,
Che la vita continui davvero per tutti?

​

​

CONFINI

 

I pettirossi volano troppo lontani:

un confine loro non sanno neanche cos’è

Rivolgi dietro alla collina lo sguardo:

la tua casa, una linea, cippi senza un perché.

Anche una nuvola si può fermare e star lì.

 

Rit.

Cosa farai quando verrà la guerra?

Mica puoi vivere su un’altra terra…

Cosa farai quando verrà la guerra? Come farai?

 

Stretti, abbracciati, così uguali e diversi:

dagli sguardi beati capiresti di più;

grida a rotoloni lungo il prato inclinato,

nei dialetti confusi, e poi frenarsi laggiù.

Anche un gioco si può fermare e star lì.   Rit. 

​

E suoni sordi trasportati dal vento

sembrano parole di malinconia;

fanno spavento quegli idiomi stranieri,

oggi come ieri segni di discrasia.

Anche un canto si può fermare e star lì.   Rit. 

​

Ma giunge il giorno che risali il sentiero,

poche cose in spalla, troppe cose d’addio:

tu guardavi il confine per capire chi eri

ma un confine confonde quel ch’è tuo quel ch’è mio.

Anche una fuga si può fermare.

Stai lì.

​

​

È MORTO LO CZAR

 

È morto lo czar

e la gente è stupita

la strada vuota sempre di più

il mondo è in silenzio

il respiro è profondo

le domande fanno più paura

 

Cosa succederà ora che il capo è morto

dimmi: c’è qualcuno che lo sa?

Finirà la paura, torneranno i guerrieri

Dalle lontane conquiste dello czar?

I bambini in cortile san giocare contenti

lo czar è morto, questo basterà.

 

Fiori rossi afgani

e tappeti dorati

e la brava gente per piangere un po’

zoccoli sul selciato

il funerale incomincia

l’attesa per il dopo non finirà.

 

Gli czar muoiono ma la corte vive sempre

per loro nulla muterà.

La corte c’è tutta: ora il popolo tace

Le speranze sono inutili ormai.

Non ci credete? Guardate l’America:

lo czar lì muore ogni quattro anni.

​

​

VORREI PARLARTI DI ME

​

Vorrei parlarti di me

Delle impressioni che hai avuto

Del mio timore esasperato

Dei desideri che ho sprecato

 

Vorrei parlarti di me

Delle avventure che ho inventato

Di quelle vere che ho vissuto

Di un mio passato costruito

 

Storia di gente comune

Che non ho mai rinnegato

Che non ha voglia di andare

Non ha voglia di amare

Forse non sa come fare

​

​

PERLE RUBATE   (testo di F. Della Puppa)

 

Così vivi nel fondo del mare

con un naufrago come marito

lui ti offre perle rubate

e un anello per legarti al dito

per caso ha visto sul muro il tuo nome

per caso o per vanità

e i tuoi occhi son spilli che fissano il cielo

questo cielo che si incendierà.

 

È un coltello questo vento sui muri

ed un cane lo ha già annusato

lui ti porta collane e diamanti

bianchi come il bucato

ma stanotte saranno di ruggine nera

errori di gioventù

e tu tessi coi fiori nuove stagioni

per chi non ne ha già più.

 

Ma quel marinaio ti aspetta

e cammina dietro a te

non ti segue non ti fa mai fretta

ha una carta lì con sé.

 

Fante di quadri apri la porta

ho bisogno della tua magia

tutto va e viene come gli amanti

scivola piano via

ti appoggi alla soglia e aspetti lì al sole

con gli occhiali ben calcati

ed il vento ti porta odore di alghe

e di un vecchio seduto al molo

che ripensa a quando beveva di meno

ma non era mai da solo.

​

​

VERSO LA NUOVA FRONTIERA

 

Devo avere una risposta
Devo cercare di capire ancora un po'
Se davvero
Questo è un mondo in prova
Per poter tradurre il sogno
O è in preda
All'ombra di potere
Liberato dalle nostre mani

Oh, ti prego:
Dimmi che la storia
Non è vera
Che il giorno di domani
Non nasce dalla vita di ieri

Dimmi
Che non è
Una palestra
Verso la nuova frontiera

Dimmi
Che non è
Una palestra
Verso la nuova frontiera

 

 

IL GRATTACIELO, GIÙ   (strumentale)

​

​

MIO GENERALE   (testo di B. Brecht)

 

Generale,

il tuo carro armato

è una macchina potente:

spiana un bosco

e sfracella cento uomini.

Ma ha un difetto,

ma ha un difetto:

ha bisogno di un carrista.

 

Generale,

il tuo bombardiere

è una macchina potente:

vola più rapido di una tempesta

e porta più di n elefante

Ma ha un difetto,

ma ha un difetto:

ha bisogno di un meccanico.

 

Generale,

l’uomo fa di tutto

può volare e può uccidere

l’uomo fa di tutto

può volare e può uccidere

Ma ha un difetto,

ma ha un difetto:

può pensare.

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